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Raimon Panikkar - La porta stretta della conoscenza. |
La scienza moderna presenta almeno tre caratteristiche:
a) E una costruzione intellettuale
1) basata su una forma di osservazione molto particolare: l’aspetto quantificabile del reale;
2) giustificata generalmente dalla sperimentazione, cioè da una variazione più o meno indotta dei dati osservabili, che permette di proiettare il loro comportamento su coordinate spazio-temporali, costituendo così un corpo dottrinale;
3) frutto di una fiducia nella razionalità matematica: un sistema coerente di deduzioni che partono da assiomi postulati precedentemente per motivi pragmatici o aprioristici. Non va dimenticato che la scienza moderna ha sviluppato le matematiche e ne ha fatto la sua «Bibbia», della quale fa l’«esegesi».
b) E un edificio sociale, praticamente il più importante del mondo moderno. Questa «chiesa» è formata da tre pilastri che si rafforzano reciprocamente: il «magistero», i «sacerdoti» e l’«organizzazione», vale a dire gli scienziati, i tecnologi e l’economia. Tanto gli Stati quanto le nazioni, le università, le multinazionali e altre istituzioni moderne rispettano, accettano e poggiano su questo edificio impressionante, considerato tanto solido da sembrare inimmaginabile che non possa durare «in eterno». «Perdurerà fino alla fine dei secoli.» La scienza moderna è un elemento indiscutibile di questa civiltà. La scienza è un’istituzione forte e potente che si è propagata in tutto il mondo. E flessibile e si crede modificabile («scientia semper est reformanda»), ma non mortale. Le «porte dell’inferno non prevarranno».
c) E un mondo culturale che domina il modo di pensare e di vedere la realtà per una buona parte dell’umanità, ancora intimamente e spesso segretamente connessa con il suo «braccio secolare» : la tecnologia che è ben diversa dalla technè. La scienza moderna non è solo un insieme di conoscenze, è un’istituzione politico-sociale; è anche una forma mentis, un modo di vedere la realtà e di interpretare fatti ed eventi che si presentano alla coscienza umana. C’è una ideologia scientifica, così come c’è anche un mito scientifico che domina la cultura moderna: ciò che è «scientifico» ha garanzia di serietà, di qualità e persino di verità.
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Non posso trattenermi dall' avanzare un sospetto: che il pensiero cristiano, avendo preteso di monopolizzare l'ambito del pensiero religioso, ora lo stia pagando a caro prezzo, perché è stato praticamente spiazzato dal pensiero scientifico. Il contributo di altre culture sarebbe di importanza capitale. Si vedrebbe allora che molte delle intuizioni cristiane, che sembrano incompatibili con la scienza moderna, risultano accettabili ad altre visioni del mondo. Forse la vita, lo spazio, il tempo, la materia, ecc. non sono ciò che la scienza moderna descrive, ma molto di più, e la scienza descrive solo un aspetto delle realtà che chiamiamo con questi nomi. Forse ci dobbiamo emancipare dal dominio della scienza sul pensiero umano. E non si dica che le altre erano (o sono) concezioni pre-critiche della realtà perché non si tratta di "tornare indietro", ma di lasciarsi fecondare da altre visioni del mondo senza dimenticare le scoperte della "modernità". È significativo che molti supposti tentativi "liberali" e "progressisti" di spiegare la resurrezione corporale si rifugino in raffinatezze psicologiche, spirituali o esoteriche e abbandonino proprio il corpo. D'altro canto numerose interpretazioni conservatrici si avvicinano molto alla magia e alla superstizione. Forse una simbiosi con la scienza illuminata dal contributo di altre culture sarebbe molto più feconda. Come credere, quindi, alla resurrezione? Anzitutto non si tratta di ciò che Aristotele nella Metafisica chiamava soffrire "la costrizione della verità" (“Ab ipsa veritate coacta", anagkazomenoz). La fede è un atto libero e non si lascia costringere. La verità ci rende liberi, dice la Scrittura cristiana. È la fede nella resurrezione a permetterci la gioia della vita. Non a caso la resurrezione costituisce il centro della fede "cristiana". Azzarderei le seguenti considerazioni.
Gesù muore e viene sepolto. Poco dopo, il sepolcro appare vuoto e nemmeno i suoi nemici contestano il fatto. Gesù appare parecchie volte, mangia con i suoi e si fa toccare. La resurrezione è la trasformazione di Gesù nel Cristo. Cristo è il Gesù risorto. Di Gesù non rimane nulla se non il ricordo. Cristo, invece, è vivo e reale. Questa realtà non è solamente anamnesica o psichica; è anche fisica e corporale: è una presenza reale, tanto reale come quella di un pezzo di pane o quella di un povero che soffre la fame. Nell'Eucarestia non è il pane a trasformarsi in Cristo, ma è Cristo che si trasforma, si manifesta in pane, e come tale lo si riconosce nella liturgia eucaristica. Questo Cristo unigenito, primogenito, corpo mistico, vita, alfa e omega, luce, principio, corpo, materia, è il simbolo centrale della realtà per i cristiani. Forse il "corpo" è molto di più di quello che dice la scienza. Esistono altre dimensioni della realtà (anche fisica) che esulano dal campo della scienza. Altrove ho glossato il messaggio evangelico commentando il Prologo di Giovanni "In Principio est Verbum Caro factum": "In Principio c'è il Verbo fatto Carne". Non si tratta di un Principio (vuoto) che poi si fa carne, ma nel Principio c'è la carne senza entrare ora nella problematica del "Principio".
Siamo così abituati alle distinzioni scientifiche che ci affanniamo a voler spiegare solo scientificamente il fenomeno individuale della fisica del corpo di Cristo, come se la resurrezione fosse una trasmutazione chimica. "L’avete fatto a me" disse Gesù parlando di qualunque azione, buona o cattiva, fatta al prossimo; lo stesso Gesù che osò affermare: "Prima di Abramo, io sono". In questo senso il popolo cristiano chiamava i credenti "corpo di Cristo", di quel Cristo che era esistito prima dell'inizio del mondo, come suggerisce il libro della Sapienza e come affermano molte tradizioni religiose. L’uomo "realizzato", secondo molte religioni, equivale omeomorficamente all'uomo risorto, e la visione della realtà acquista una nuova profondità: "Chi vede me ha visto il Padre". La credenza nella resurrezione equivale a riconoscere in Cristo un simbolo (il simbolo, per i cristiani) della solidarietà universale e del carattere divino di tutta la realtà. La visione è completa: chi non vede il Padre non ha visto me.
Surrexit, non est hic: “È risuscitato, non è qui" (in nessun qui), dissero già, annunciandolo per la prima volta, gli annunciatori, vale a dire gli angeli (della buona novella). Gesù fuggì quando vollero farlo re. Gesù scompare, come a Emmaus e sempre, da ogni qui limitante. Ma resurrexi et adhuc tecum: "Sono risuscitato e ancora sto con te", canta la liturgia latina facendo eco a un salmo: non sta da nessuna parte, ma è con noi e in noi; in ogni noi che lo sia autenticamente. L’uomo è più di un solo corpo "animato" da un'anima (razionale) - di più, non di meno.
Desidero dire con ciò che, se non siamo capaci, minutis minuendis, di fare l'esperienza della nostra propria resurrezione (cosa implicita nell'esperienza del tempo liturgico e non di un tempo lineare), non coglieremo mai ciò che vuol significare la resurrezione di Cristo e con Cristo. Né la resurrezione né la vita eterna, insieme alla speranza, sono o possono essere aspettative di futuro (lineare). Si fondano su una cosmovisione differente. "Se Cristo fosse nato mille volte a Betlemme e non fosse nato in te, saresti perduto per sempre" dice la mistica cristiana nelle parole di Angelus Silesius. Si è di solito interpretato il kerygma della resurrezione nel contesto semitico di una "storia della salvezza". La salvezza della persona avviene certamente nella storia, ma non è un atto storico. Il tempo non va interpretato necessariamente come un tempo lineare. La resurrezione cristiana appare dopo la morte dell' ego, come ci insegna l'evangelista Giovanni e come i mistici ripetono.
La sfida non è da poco. La resurrezione è il punto centrale della rivelazione; quasi tutte le religioni del mondo ci parlano di uno stato celeste, non temporale, illuminato, realizzato, non contingente e di tanti altri equivalenti omeomorfici. Abbiamo già detto che l'eternità non è un tempo lungo che non finisce mai e che lo spazio non è un "contenitore" dove i corpi si muovono. Abbiamo anche affermato che l'uomo non è soltanto una scimmia sviluppata o un mero corpo energetico e che le religioni non sono semplici sistemi etici di comportamento. La svolta è molto più fondamentale: tocca i fondamenti stessi della realtà. Manca, soprattutto all'uomo moderno, un senso cosmico dell' esistenza umana, la visione cosmoteandrica della realtà. In altre parole la Materia è un' astrazione, così come lo è Dio o l'Uomo. Si devono distinguere, ma non separare. La resurrezione di Gesù ne è la conferma.
Un' osservazione si impone. Al fine di spiegare la resurrezione abbiamo utilizzato i dati della Scrittura, ma la fede nella resurrezione non è fondata su nessuna esegesi, bensì su un' esperienza ispirata dalla Scrittura e che per rendersi comprensibile utilizza frasi dei libri sacri. La sfida della scienza moderna a questo riguardo è positiva: ci fa riflettere sulla natura della realtà includendo la realtà fisica. Ripeto che la fede è una forma di conoscenza e che pertanto non può evitare le conoscenze della Scienza.
In sintesi, se la resurrezione è il fatto centrale del messaggio cristiano non può essere considerata come una mera appendice e deve dunque trasformare radicalmente l'esistenza umana e la stessa concezione della realtà. L’apporto dell'interculturalità può essere prezioso. Non dico che il "risveglio", la "realizzazione", la "nuova nascita" siano gli stessi concetti, ma certamente sono "equivalenti omeomorfici". Compito della teofisica è aiutarci a fare un' esperienza del mondo congruente con le grandi intuizioni dell'umanità. Come ho già detto, questo mi pare sia il compito del terzo millennio.
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