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Da:Mitologia Orientale Hoepli (1899) Mitologia Babilonese-Assira (D. Bassi) |
Mitologia Babilonese-Assira.
Premessa
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Dal racconto di Beroso risulta chiaramente
che Oannes era considerato come il primo mae-
stro degli uomini. Egli è, per qualche Assirio-
logo, la personificazione mitologica della civiltà
sumerica venuta per la Babilonia del nord, il
paese di Accad, dal mare (dal sud). Il suo mito
rappresenta una speciale tradizione nord-babi-
lonese, e fu cerlamente un mito solare, donde
scaturi la leggenda dell'origine della cultura
umana, che Beroso narrò in maniera euemeri-
stica.
Il Diluvio
Dopo la teofania di Oannes, il più grande av-
venimento dell'età leggendaria della Caldea fu
il diluvio, di cui il racconto è contenuto nella
tavola XI del poema d'Izdubar, la meglio con-
servata di tutta la serie. Per ciò e perchè esso
racconto non è molto lungo e inoltre affinché
si vegga la corrispondenza con la narrazione
biblica, invece di riassumerlo o di esporlo altri-
menti lo reco qua tradotto per intero (omettendo
di regola le linee mutile) e, fin dove è possibile,
letteralmente.
Il diluvio ebbe luogo al tempo di Sitnapistim,
il Xisutro di Beroso, l'ultimo
di una dinastia di dieci re favolosi. Costoro, se-
condo lo storico caldeo, regnarono 120 sari,
pari a 432 mila anni (il saro era di 3600 anni);
durante i quali. ad intervalli, apparvero uscendo,
come Oannes, dal mare vari esseri, medesima-
mente con forma mostruosa, mezzo uomo e
mezzo pesce, che spiegarono a parte a parte le
cose sommariamente esposte da quello. Della
lunga serie dei re caldaici antediluviani, da
Aloros, il primo monarca, « scelto dalla divinità
a pastore del popolo », sino a Xisutro nulla è
detto, eccettuato il nome del padre di costui,
Ubaratutu, lOtiartes o Obartes di Beroso, nei
testi cuneiformi finora scoperti e quindi nem-
meno delle ripetute epifanie di Fa; in compenso
essi ci fanno conoscere compiutamente la più
antica tradizione caldaica intorno al diluvio. Ivi
non è espressamente ricordata la cagione del
grande avvenimento; ma verso la fine, come
vedremo, Ea rimprovera Bel di non aver fatto
distinzione tra i colpevoli e gl'innocenti: ora da
ciò si deduce facilmente che il cataclisma fu
una vendetta degli dei contro gli uomini, non-
curanti dei loro doveri verso la divinità. Né
altra cagione era assegnata al flagello nelle
tradizioni, certo remòte, raccolte da Beroso, delle
quali sarà discorso più avanti.
Il racconto, nel testo cuneiforme, vien fatto da
Sitnapistim, re di Suruppak o Surippak (Sip-
para), salvato con tutta la sua famiglia dal di-
sastro da Ea, a Izdubar suo discendente.
« Suruppak, la città, che tu conosci, giacente
su la riva dell'Eufrate, questa cillà era [già] an-
tica, quando gli dei, [che] in essa [tengono loro
stanza], il loro cuore li spinse a suscitare il di-
luvio, i grandi dei: cioè il loro padre Anu, il
loro consigliere, l'eroe Bel, il loro duce Ninib,
il loro principe Innugi. Il maestro della sag-
gezza, Ea, sedeva con essi e confidò le loro de-
cisioni a un campo di canne (?) (intendi: non
potendo rivelare direttamente a Sitnapistim i
decreti degli dei e d'altra parte desiderando
prevenirlo del pericolo che lo minacciava, ebbe
ricorso all’astuzia di rivolgere la parola a un
canneto (?)): “campo, campo, parete (formata
dalle canne), parete, campo, ascolta, parete, com-
prendi: uomo di Suruppak, figlio di Ubaratutu,
fabbrica una casa, costruisci una nave; ab-
bandona i tuoi beni, cerca la vita, getla via i
tuoi averi, salva la vita e porta tutti i semi
della vita nella nave. Della nave, che tu devi
costruire, siano esattamente misurate le propor-
zioni e siano ben regolate l'ampiezza e la forma;
poi lanciala in mare '. Io intesi e dissi ad Ea,
mio signore: ‘quello che tu cosi, o mio signore,
comandi, io terrò in gran conto ed eseguirò;
ma come risponderò io alla città, al popolo e
agli anziani ? Ea apri la sua bocca e parlò;
egli disse a me, suo servo: ‘come risposta dirai
loro così: poichè Bel mi ha in odio, io non abi-
terò più nella vostra città e su la terra di Bel
io non poserò più il mio capo; sul mare io
andrò e abiterò presso Ea, mio signore. Bel farà
cadere. abbondante pioggia sopra di voi, su la
folla degli uccelli e su la moltitudine dei pesci.
su tutti gli animali dei campi e su tutte le messi;
ma Ea vi darà un segnale convenuto: colui che
manda la pioggia farà, una sera, cadere sopra
di voi una pioggia formidabile. Al primo. appa-
rir dell'aurora... (E qui nel lesto mancano o
sette o undici linee, il cui contenuto fu in parte
certamente, in parte probabilmente questo: [co-
mincerà il diluvio, nel quale troveranno la morle
tutti gli esseri. Ciò io dissi per consiglio di Ea
al popolo di Suruppak, e frattanto attesi alla
costruzione della nave]). Il quinto giorno deli-
neai la sua forma: i suoi fianchi misuravano
in lunghezza 140 cubiti, la sua coperta aveva
140 cubiti di larghezz: tutte le commessure
erano chiuse con pece e bitume... [Compiuta la
costruzione], offri agli dei un sacrifizio (2)... e
celebrai una festa solenne... [dopo la quale co-
minciò l'imbarco]. Di tulto ciò che io possedeva,
riempii la nave; di tutto ciò che io aveva in
argento, la riempii; di tutto ciò che io aveva in
oro, la riempii; di tutto ciò che io aveva in
semi della vita d'ogni genere, la riempii; feci
salire nella nave tutta la mia famiglia e la mia
servitù, Bestiame dei campi, bestie selvagge dei
campi, i costruttori (?) (dell'arca): tutti insieme
io feci salire dentro. Samas aveva stabilito un
segnale: ‘quando colui, che manda la pioggia.
di sera farà cadere una pioggia formidabile,
allora tu entra nella nave e chiudi la tua porta
(cioè: la porta della nave). Il segnale convenuto
fu dato; colui che manda la pioggia fece cadere
durante la notte una pioggia formidabile. Prima
dello spuntar del giorno io tremava, il giorno io
aveva paura di vederlo; entrai nella nave e
chiusi la mia porta. Il governo della nave lo
diedi a Puzur-Bel (cioè: il protetto di Bel, vale
a dire di Ea), il pilota, la gran casa (intendi:
l'arca) e ciò che v'era dentro.
Al primo apparir dell'aurora sali dalle fon-
damenta del cielo (o: dall’ orizzonte) una nera
nube. Ramman vi tuonava per entro; Nebo e
Marduk correvano davanti ad essa, correvano
come duci (?) per monti e per valli; Nergal
strappò l'ancora della nave; Ninib giunse impe-
tuoso scatenando la tempesta; gli Anunnaki al-
zarono le loro faci e col loro raggiante splen-
dore fecero tremare la terra. La tormenta di
Ramman dié la scalata al cielo, cambiò ogni
luce in tenebre e invase tutto il paese. Un giorno
intero imperversò l'uragano e le acque sover-
chiarono i monti; come il cozzo della battaglia
la procella si avventò su gli uomini: il fratello
non vide più il fratello, gli uomini non si co-
nobbero più l'un l'altro. Nel cielo gli dei ebbero
paura del diluvio; essi presero la fuga, essi si
arrampicarono fino al cielo di Anu: gli dei, ur-
lanti come cani, si accovacciarono su l'orlo del
cielo. Istar gridò come una donna in doglie,
gridò ella, la signora degli dei dalla bella voce:
il tempo passato (cioè: gli uomini) è divenuto
di nuovo argilla, perché io dinanzi agli dei [ne]
ho detto male; e nel dirne male dinanzi agli dei
consigliai il diluvio per l'annientamento de’ miei
uomini. Quelli che io ho partorito dove sono
essi? Come la prole di pesci ora riempiono il
mare. Gli dei (s'intende, quelli che non erano
fra gli autori del diluvio) piangevano con essa
su [l'opera di distruzione de] gli Anunnaki... Sei
giorni e sei (?) notti il vento infuriò; il diluvio e
la tempesta imperversarono. Al sopraggiungere
del settimo giorno l’ uragano rallentò. cessò il
diluvio che aveva battagliato come un esercito
in campo, il mare rientrò nelle sue rive, la pro-
cella svani, il diluvio ebbe termine.
Io spinsi lo sguardo sul mare e feci sentire
alta la mia voce; ma tutti gli uomini erano di
nuovo diventati terra, monti e piani non si di-
stinguevano più gli uni dagli altri. Io aprii lo
spiraglio (cioé, una finestra), e la luce cadde su
le mie guance; mi curvai su me stesso, mi ac-
casciai, piansi. e le mie lagrime corsero giù
per le mie guance, come io vidi il mondo tutto
terrore e mare. Dopo dodici giorni (?) un lembo
di terra emerse dalle acque; la nave toccò fondo
nel paese di Nisir. Il monte del paese di Nisir
trattenne la nave e non la lasciò più galleggiare.
Un giorno, due giorni il monte Nisir trattenne ece.
Tre giorni, quattro giorni il monte Nisir trat-
tenne ecc. Cinque giorni, sei giorni il monte Ni-
sir trattenne ecc. Allo spuntar del settimo giorno
feci uscire una colomba e la lasciai libera. La
colomba volò qua e lì, ma poichè non c'era
luogo ove posarsi ritornò. Poi feci uscire una
rondine e la lasciai libera. La rondine volò qua
e là, ma poiché non c’era luogo ove posarsi ri-
tornò. Poi feci uscire un corvo e lo lasciai li-
bero. Il corvo volò via, vide che le acque si
erano abbassate, si riavvicinò [alla nave] bat-
tendo le ali e gracchiando, ma non ritornò.
Allora io lasciai uscire [tulti gli abitanti del-
l'arca] ai quattro venti, offri un sacrifizio [agli
dei] e feci una libagione propiziatoria su la
sommità del monte. Selte e selte vasi io disposi
con entro giunco olezzante, legno di cedro e
corteccia profumata (?).
Gli dei aspirarono l'odore, gli dei aspirarono il
gradevole odore, gli dei si ammucchiarono come
mosche intorno all'offerta. Quando a sua volta
la signora degli dei (cioè Istar) giunse, allora
ella alzò il grande scettro (?) che Anu per
suo desiderio le aveva fabbricato: ‘Questi dei
[esclamò], lo giuro per la collana del mio collo,
io non li dimenticherò; quei giorni (del diluvio)
io gli ho in mente e non li dimenticherò in
eterno. Gli [altri] dei vengano pure a godere
dell'offerta; Bel non ne goda, perchè egli da
dissennato suscitò il diluvio e votò i miei uo-
mini alla distruzione’. Quando a sua volta
unse Bel, egli vide la nave. Allora Bel montò
in furore e fu invaso dalla collera contro gli dei
degli Igigi: “Chi é costui che ne usci vivo?
Nessun uomo doveva soltrarsi alla distruzione ‘.
Ninib apri la sua bocca e disse all’eroe Bel:
‘Chi all'infuori di Ea potè fare ciò? Ea, egli co-
nosce ogni cosa (?). Ea apri la sua bocca e
parlò e disse all’eroe Bel: “Tu, il più saggio fra
gli dei, o eroe, cosi stolto sei divenuto da suscitare
il diluvio? Fa' che il peccatore risponda del suo
peccato, fa” che il malvagio risponda della sua
malvagità; ma sii indulgente, non bisogna di-
strugger tutto; sii paziente, non bisogna tutto
sterminare. Perché hai Tu voluto suscitare il di-
luvio? Bastava venisse un leone a decimar gli
uomini. Perchè hai tu voluto ecc.? Bastava vi
nisse un leopardo a decimar gli uomini. Perchè
‘hai tu voluto ecc. ? Bastava una carestia che deso-
lasse il paese. Perché hai tu voluto ecc.? Bastava
venisse la peste (?) ad uccidere gli uomini. Io non
ho punto rivelato il decreto de’ grandi dei; io
feci avere una visione a Kasisadra (o Adrahasis,
cioè: Sitnapistim), e così egli conobbe il decreto
de’ grandi dei ed ebbe preso la sua decisione ‘.
[A tali parole] Bel sali nella nave, afferrò la
mia mano e mi condusse dentro, condusse
dentro mia moglie e la fece inginocchiare vicino
a me. Egli si rivolse verso di noi, si pose fra noi
e ci benedisse: ‘prima d'ora Sitnapistim era
uomo; d'ora in avanti Sitnapislim e sua moglie
siano venerati come noi, dei, e Silnapistim abi
lontano, alla foce de’ fiumi °. Allora essi (gli dei)
ci condussero via e ci posero ad abitar lontano,
alla foce de' fiumi ».
Del racconto del diluvio c'era un'altra ver-
sione, indipendente: (?), pure in testi cuneiformi;
ma di questa non ci è giunto che un frammento,
dove si tocca della costruzione e dell'armamento
dell'arca. Possediamo invece nella loro interezza
due passi di Beroso, contenenti le tradizioni da
lui raccolte, alle quali ho già accennato. Ivi la
leggenda caldaica del diluvio si presenta in
parte sotto una nuova forma e con aggiunte,
che completano la narrazione conservata nel
poema d'Izdubar.
Crono sostituisce Ea (al quale del resto
corrisponde) nell’annunziare a Xisutro l’immi-
nente cataclisma, e gli dà l’annunzio per mezzo
di un sogno, a cui ricorse anche Ea, come dice
egli stesso verso la fine del racconto nel testo
cuneiforme quassù tradotto; il che contrasta con
la notizia dell’artifizio di rivolgere la parola al
canneto (ma in quel punto il senso è molto
dubbio). Comunque, tutto ciò ha un'importanza
secondaria. Assai più interessante è il seguito
della narrazione di Beroso. « Crono comandò a
Xisutro di seppellire nella ‘città del sole, Sippara,
tutti i libri (donde il nome che lo storico dà
altrove alla stessa Sippara, Mav::B/Bha, « città
di tutti i libri »), ove erano segnati il principio,
il mezzo e la fine delle cose» (intendi, i libri
sacri che contenevano l'esposizione delle rive-
lazioni di Oannes e degli altri esseri divini ap-
parsi dopo di lui).. Compiuto il sacrifizio agli
dei dopo l'uscita dall'area, « Xisutro disparve in-
sieme con coloro che ne erano discesi (cioè, sua
moglie, sua figlia e il pilota). Quelli che erano
rimasti nella nave, non vedendo più rientrare
Xisutro e i suoi compagni, uscirono e lo cerca-
rono chiamandolo per nome. Essi non rividero
più Xisutro; ma una voce dal cielo comandò
loro ‘di essere pii verso gli dei: egli per la sua
pietà era andato a convivere con gli dei, e sua
moglie, sua figlia e il pilota partecipavano di
tanto onore. E [la voce] disse loro [ancora] ‘di
ritornare a Babilonia e, come per essi era stato
stabilito (intendi, secondo il decreto degli dei),
di dissotterrare gli scritti seppelliti a Sippara
per trasmetterli agli uomini ‘(cioé, alle futurè
generazioni); il paese dove essi (i superstiti) si
trovavano era l'Armenia. E questi, ciò udito,
offrirono un sacrifizio agli dei e a piedi fecero
ritorno a Babilonia..., dissotterrarono gli scritti
[nascosti] a Sippara, fondarono molte città, inal-
zarono tempii e riedificarono Babilonia ».
Quanto all’arca, ne esisteva, credevasi, una
parte ancora durante l'impero dei Seleucidi
« nei monti dei Cordiei in Armenia e alcuni
(devoti) ne raschiavano e
portavano via il bilume, del quale si valevano
per paralizzare l'influsso dei malefizi »: in altre
parole, ne fabbricavano degli amuleti; e uno di
questi con iscrizioni magiche e cabalistiche si
conserva tuttora.
Di rappresentazioni figurative della leggenda
caldaica del diluvio non ne abbiamo, pare, che
una sola, su ùn antico ‘cilindro babilonese: Sit-
napistim nel momento in cui viene chiuso nel
l'arca. Egli è già dentro; ai due battenti. della
porta stanno due genii (?); fuori, una quarta fi-
gura, forse Ea. Ma non tutti gli Assiriologi am-
mettono che tale sia il significato della rappre-
sentanza; qualcuno la riferisce senz'altro al
colloquio, di cui sarà detto a suo luogo, fra Sit-
napistim e Izdubar.
Bibliografia e note
Lenormant, Essai, p. 257-259 [> Muller, Fragm. histor.
gr, IL p. 501-502] e 397; 261-209, 333-336 (commenti &
Beroso). — "Traduzioni, con noto di vario gonere, del
testo cuneiforme (tav. XI), fra le altre: Smith, p. 283-243
(0 Delitzsch, p. 318-321). Lenormant, Le'deluge et l'epopée
babylonienne, in Premièr. civilis., IL p. 3-146; Origines,
I p. 601-618, Menant, Babylone et la Chaldée [Paris 1875),
p. 14-33. Oppert, Le poème chaldéen du déluge, Paris 1885.
Hanpt, Der keilinschriftliche Sintflutbericht, in Schrader,
Die Keilinschriflen und das alte Test.*, p. 55-79. Jen-
sen, p. 867-446, Joremias, Lzdubar-Nimrod [Leipzig 1891],
p. 32-36, © in Roscher ML II, 796-800, 809-810 [artie.
Iedubar). Maspero, I p. [564-566] 566-572 e le note. (A Co-
stantinopoli fu scoperto di recente dal Scheil, che ne rese
conto al Congresso internaz, degli Orientalisti del 1897,
nella seduta dell'8 settembre, un frammento trovato a
Sippara d'una narrazione del diluvio, affatto diversa da
quella finora nota. Il testo è del terzo millenio av. C., del
regno del re Ammizadoc (2254-2233) ed è copia di uno
più antico: tratta della deliberazione degli dei riguardo
al cataclisma. Non ne so altro, perchè gli Atti del Con-
gresso non furono ancora pubblicati (marzo 1898). La no-
tizia fu data dall'Oppert in Comptes rendus de l’Aca-
dimie d. inscript. et b-lettres, 1897, p. 473, n.) La ver-
sione del Haupt fu tradotta dal Brunengo, I p. ll
(v. ivi, p. 124 sgg., un chiaro riassunto delle notizie re-
lative al testo cuneiformo, e cfr. il e. V p. 142-158: La
narrazione caldea del diluvio paragonata colla biblica).
Lu mia traduzione è condotta su quelle del Jeremias, del
Jensen e del Maspero, Il cilindro babilonese, a cui ac-
cenno în fine, è riprodotto nello Smith, p. 222, c nel Ma-
spero p.569.
• Mesopotamia: “terra tra i due fiumi”, Tigri e Eufrate
• il popolo dei Sumeri nasce qui, intorno al 5000 a.C. grazie all’unione dei primi gruppi di agricoltori e delle popolazioni nomadi
• ABILITA’: i Sumeri furono molto industriosi. Usavano l’aratro, il carro a ruote, inventarono il mattone, erano astronomi e scrissero il poema di Gilgamesh
• SOCIETA’: i Sumeri non fondarono mai uno stato unitario ma erano organizzati in città-stato, città autonome e indipendenti. Divisi in tre classi sociali (liberi, semiliberi e schiavi) erano guidati dal re, che era anche il gran sacerdote
• RELIGIONE: erano politeisti, veneravano diversi dèi ai quali dedicavano il tempio chiamato ziqqurat
• Nel 2380 a.C. gli Accadi invasero Sumer e conquistarono tutta la regione
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