Scritti e Testi in Evidenza da Fonti diverse e citate
© copyright giacobbo mariano 2000 / 2025
Rimango a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza del testo sul mio sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto.

Fede contro religione? Da:CONCILIUM 4/2010" - Maria Clara Bingemer Rio de Janeiro (Brasile)
La sfida del credere, in questa contemporaneità complessa e plurale come la nostra, è stata oggetto di molte opere di rinomati teologi del giorno d'oggi. E rappresenta tuttora una delle sfide più attuali per la teologia. Il processo di secolarizzazione sviluppatosi con la crisi moderna presenta varie caratteristiche che apparentemente si rivelano incompatibili con la coscienza della presenza del sacro, con l'esperienza della fede e ancor più con la pratica della religione, soprattutto quella istituzionalizzata.
La secolarizzazione e il disincanto del mondo continuano ad avanzare nonostante la crisi della modernità e del potere della ragione. E la religione, transustanziata in molteplici e differenti forme, non compatibili con quelle premoderne, continua a essere ferocemente contestata. Se i "maestri del sospetto" sono stati perlomeno parzialmente smentiti, dato che il preconizzato tramonto irreversibile della religione non è avvenuto e si è constatato anzi un "ritorno del sacro", permane la questione se tale crisi del religioso implichi una crisi della fede in uguale proporzione.
La postmodernità ha riscattato il sacro, ma si tratta di un sacro senza assoluti e senza volto, non potendo essere posto in posizione di parità col contenuto dell'esperienza di fede così come l'intende il cristianesimo. Questo ci porta a una constatazione: il contrario dell'ateismo non è la religione, bensì la fede. Religione e fede, pertanto, non sono sinonimi. Tale constatazione, a sua volta, porta a una domanda. E la domanda è non solo se possiamo identificare fede e religione, ma anche: come definiremmo il cristianesimo? E pertinente definirlo come una religione?
Se la religione è definita e compresa come «un insieme di credenze relazionate con ciò che l'umanità considera come soprannaturale, divino e sacro, e l'insieme di rituali e codici morali che derivano da queste credenze», della fede non si può dire altrettanto. La fede è fondamentalmente risposta a una proposta fatta alla libertà dell'essere umano, chiamato a rispondere a essa con tutte le dimensioni del suo essere. Si tratta, pertanto, di un atto secondo, posteriore, un consenso a qualcosa proposto in precedenza da un altro. Credere non è, infatti, un'iniziativa dell'essere umano che cerca uno spazio dove far confluire le proprie inquietudini e le proprie frustrazioni, proiezioni di desideri frustrati e bisogni insoddisfatti. Ma, al contrario, si tratta di un atteggiamento fondamentale di ricezione, accoglienza, che genera poi totale donazione e impegno radicale della vita.
Tutto il significato, tutta l'importanza e la rilevanza della fede, pertanto, provengono dal fatto di essere un'esperienza che asseconda una proposta proveniente a sua volta da Qualcuno. Qualcuno che non è uguale a me o a qualsiasi altro. La cosa più importante nella dinamica di fede è, infatti, da chi proviene la proposta alla quale si risponde e quali conseguenze produce nella mia vita il credere in questa proposta. Rispondendo a tale questione si arriva al concetto che la teologia definisce come rivelazione. Così come la intende il cristianesimo, la rivelazione è la parola di Dio che rompe il suo silenzio eterno e irrompe nel tempo e nello spazio umano. Il nucleo della rivelazione è, quindi, lo stesso Dio che comunica all'essere umano il proprio mistero e il proprio progetto, il proprio invito alla vita piena che rappresenta l'alleanza e la comunione con lui, e la donazione della vita, delle energie e delle aspirazioni per la costruzione e la realizzazione di un mondo dove regnino la giustizia e la pace.
La rivelazione giunge all'essere umano come grazia che sorprende e chiama a libertà; proposta graziosa e gratuita che chiede una risposta parimenti gratuita, essendo frutto della grazia che la precede; motiva l'essere umano a rispondere e a questo l'abilita, al di là delle evidenze e delle prove empiriche.
Pur essendo primariamente dono, la fede, però, è anche un compito. Il dono della fede implica responsabilità; impegno concreto e radicale. Qui consisterà il criterio di verifica che dimostrerà che la fede - quest'esperienza costitutivamente umana - è qualcosa di reale e non un prodotto della nostra immaginazione. La fede è, pertanto, il correlato soggettivo della rivelazione, ossia è la rivelazione che è giunta al suo destinatario, che ha raggiunto la sua meta.
La religione sarebbe qualcosa di posteriore, cioè il supporto dottrinale, rituale, morale in cui questa fede possa esprimersi all'interno d'una società umana che, come tale, necessita di organizzare le sue esperienze più importanti. La religione diviene istituzione, e ciò è importantissimo affinché la fede delle generazioni future trovi uno spazio e una comunità in cui abbia supporto e si realizzino condizioni per la propria crescita. Tuttavia, perciò stesso ogni religione è prodotto umano, inscritta com'è nel tempo e nello spazio, è debitrice d'una cultura e, di conseguenza, segnata dalla provvisorietà e soggetta a mutamenti e adattamenti. Avviene così con tutte le religioni e anche con la rivelazione e la fede cristiane. Questa fede oggi si trova ad affrontare un bivio dov'è chiamata a ripensarsi a partire da grandi sfide, tra cui quella dell'ateismo contemporaneo.


© copyright giacobbo mariano 2000 / 2025